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Tutto è uno – Michael Talbot (approfondimento)

16 Ago 2021 | Mente, Scienza

Review of: Tutto è uno
Product by:
Michael Talbot

Reviewed by:
Rating:
4
On 16 Agosto 2021
Last modified:22 Settembre 2022

Summary:

Eccoci qui con l’approfondimento dedicato al libro di Michael Talbot intitolato Tutto è uno, e datato 1991.
Andiamo a leggerne qualche brano esemplificativo...

Tutto è uno - Michael Talbot (scienza)Titolo: Tutto è uno (The olographic universe)
Autore: Michael Talbot.
Argomenti: mente, scienza, realtà.
Editore: Urrà Editore.
Anno: 1991.
Voto: 7.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libri, Amazon.

 

Eccoci qui con l’approfondimento dedicato al libro di Michael Talbot intitolato Tutto è uno, e datato 1991.
Andiamo a leggerne qualche brano esemplificativo.

La prima citazione parte da Einstein, procede per Bohm e termina nel principio unitario totale. Davvero totale.
“Nella sua teoria generale della relatività Einstein sbalordì il mondo dicendo che spazio e tempo non sono entità separate, ma sono armoniosamente congiunti e parte di un insieme più vasto chiamato la continuità spazio-tempo.
Bohm spinge innanzi quest’idea, facendole compiere un passo da gigante. Egli dice che tutto nell’universo è parte di una continuità. Nonostante l’apparente separatezza delle cose al livello esplicito, tutto è un’estensione indivisa di ogni altra cosa, e alla fine anche gli ordini implicito ed esplicito si fondono l’uno nell’altro.
Considerate questo per un momento. Guardate la vostra mano. Ora guardate la luce che scaturisce dalla lampada accanto a voi. E il cane che si riposa ai vostri piedi. Non siete semplicemente costituiti dalle stesse cose. Voi siete la stessa cosa. Un’unica cosa. Indivisa. Un enorme qualcosa che ha esteso le sue innumerevoli braccia e appendici in tutti gli oggetti visibili, atomi, oceani agitati e stelle che brillano nel cosmo.
Bohm avverte che questo non significa che l’universo sia una gigantesca massa indifferenziata. Le cose possono essere parte di un insieme indiviso e possedere tuttavia le proprie qualità individuali. Per illustrare ciò che intende, egli indica i piccoli vortici e gorghi che spesso si formano in un fiume. Al primo sguardo quei vortici sembrano essere cose separate e posseggono molte caratteristiche individuali come dimensione, ritmo, direzione di rotazione, eccetera. Ma un attento esame rivela che è impossibile determinare dove ciascuno dei vortici finisca e dove il fiume inizi.”

Secondo brano: anche stavolta si cita Bohm, in questo caso per la tendenza contemporanea alla frammentazione e alla settorializzazione… che precludono la visione unitaria del tutto.
“Bohm ritiene che la nostra tendenza quasi universale a frammentare il mondo e ignorare l’interconnessione dinamica di tutte le cose sia responsabile di molti dei nostri problemi, non solo nella scienza ma nelle nostre vite e anche nella nostra società.
Ad esempio, crediamo di poter estrarre le parti preziose della terra senza intaccare l’intero. Pensiamo che sia possibile trattare le parti del nostro corpo senza considerarne la totalità. Riteniamo di poter risolvere i vari problemi della nostra società, come crimine, povertà e tossicodipendenza, senza rivolgerci ad essi come insieme, e così via.
Nei suoi scritti Bohm insistette appassionatamente sul fatto che il nostro attuale modo di frammentare il mondo in parti non solo non funziona, ma potrebbe perfino portare alla nostra estinzione.”

Il terzo brano è forse meno totalizzante, ma ugualmente interessante: si parla della visione individuale, data per buona parte da ciò che l’occhio che vede si aspetta di vedere. Insomma, non vediamo il mondo in modo oggettivo, ma fortemente soggettivo, a volte inventandoci proprio le cose.
“L’occhio/cervello non è una macchina fotografica fedele, ma scende a patti con il mondo prima di proporcelo. I neurofisiologi sono da tempo consapevoli di questo. Nei suoi primi studi sulla visione, Pribram scoprì che l’informazione visiva che una scimmia riceve per mezzo dei propri nervi ottici non si propaga direttamente nella sua corteccia visiva, ma viene prima filtrata attraverso altre aree del suo cervello. Numerosi studi hanno mostrato che lo stesso vale per la visione umana.
L’informazione visiva che entra nel nostro cervello viene revisionata e modificata dai nostri lobi temporali, prima di essere trasmessa alla corteccia visiva. Alcuni studi suggeriscono che meno del 50% di ciò che “vediamo” è effettivamente basato sull’informazione che entra nei nostri occhi. Il rimanente 50% e più è composto dalle nostre aspettative su come il mondo dovrebbe apparire (e forse da altri campi di realtà).
Gli occhi sono forse organi visivi, ma è il cervello che vede.”

Proseguiamo l’articolo di approfondimento di Tutto è uno; con un brano sul rapporto tra corpo fisico e corpo eterico, malattie comprese.
“L’idea che il corpo fisico sia soltanto un altro livello di densità nel campo energetico umano e sia esso stesso una sorta di ologramma che si è concretizzato emergendo dalle configurazioni di interferenza dell’aura potrebbe spiegare sia gli straordinari poteri guaritori della mente che l’enorme controllo che essa esercita sul corpo in generale.
Poiché una malattia può apparire nel campo energetico settimane e perfino mesi prima di verificarsi nel corpo, molti sensitivi ritengono che la malattia abbia in effetti origine nel campo energetico. Questo suggerisce che il campo è in qualche modo primario rispetto al corpo fisico e funziona come una specie di mappa dalla quale il corpo riceve i propri riferimenti strutturali.
Se il campo energetico è la mappa che guida e foggia il corpo, è possibile che, immaginando una malattia – sebbene perfino inconsciamente – e rafforzando ripetutamente la sua presenza nel campo, stiamo in effetti programmando il corpo a manifestare quella malattia.
In modo analogo, questa stessa connessione dinamica fra le immagini mentali, il campo energetico e il corpo fisico potrebbe essere una delle ragioni per le quali l’immaginazione e la visualizzazione sono anche in grado di curare il corpo.”

La penultima citazione è bella lunga. In essa si affronta la questione dell’energia che sorregge il tutto, che lo anima e lo crea… al di là di come le varie culture e tradizioni l’abbiano chiamata.
“La maggior parte delle persone non è responsabile dei propri pensieri, dicevano i kahuna, e bombarda costantemente il proprio io superiore con un misto incontrollato e contraddittorio di progetti, desideri e paure. Questo confonde l’io superiore ed è la ragione per la quale la vita di molte persone sembra essere in uguale misura casuale e incontrollata. Si diceva che i kahuna potenti, in aperta comunicazione con il proprio io superiore, fossero in grado di aiutare le persone a ricreare il proprio futuro. In modo analogo, era considerato estremamente importante che le persone prendessero tempo a intervalli frequenti, per pensare alla propria vita e visualizzare in termini concreti cosa desideravano avvenisse loro. I kahuna asserivano che, facendo questo, le persone possono controllare più consciamente gli eventi che si verificano nelle loro vite e costruire il proprio futuro.
In un’idea che richiama alla mente la teoria di Tiller e Stevenson circa un corpo sottile intermedio, i kahuna credevano che questa sostanza corporea indistinta formasse anche una dima sulla quale viene foggiato il corpo fisico.
I mistici tantrici tibetani si riferivano alla “sostanza” dei pensieri come “tsal” e sostenevano che ciascuna azione mentale produceva onde di questa misteriosa energia. Essi credevano che l’intero universo fosse un prodotto della mente e fosse creato e animato dallo tsal collettivo di tutti gli esseri. La maggior parte delle persone è inconsapevole del fatto che possiede questo potere, dicevano i tantrici, perché la comune mente umana funziona come “una piccola pozza isolata dal grande oceano”. Solo i grandi yogi, abili nel contattare livelli più profondi della mente, erano considerati capaci di usare consciamente simili forze, e una delle cose che facevano per raggiungere questo scopo era visualizzare ripetutamente l’effetto desiderato. I testi tantrici tibetani sono colmi di esercizi di visualizzazione, studiati per questo scopo, e i monaci appartenenti ad alcune sette, come i kargyupa, passavano addirittura sette anni in completa solitudine in una grotta o una stanza sigillata per perfezionare le proprie abilità di visualizzazione.
Anche i sufi persiani del dodicesimo secolo davano enfasi all’importanza della visualizzazione nell’alterare e riplasmare il nostro destino, e definivano la sottile sostanza del pensiero “alam almithal”. Come molti chiaroveggenti, credevano che gli esseri umani possedessero un corpo sottile controllato da centri energetici simili ai chakra. Sostenevano anche che la realtà è divisa in una serie di livelli di esistenza più sottili, o hadarat, e che il livello di esistenza direttamente adiacente a questo fosse una sorta di falsariga di realtà, in cui l’alam almithal dei pensieri di ciascuno si formava in idee-immagini, che a loro volta determinavano il corso della sua vita. I sufi aggiunsero anche una loro sfumatura. Sentivano che il chakra del cuore, o himma, fosse l’agente responsabile di questo processo, e che il controllo del chakra del cuore fosse quindi un prerequisito per governare il destino di ciascuno.”

Ultimo brano proposto, questo breve, ma forse il più didattico dell’articolo: coscienza, creazione e sogno.
“La nostra psiche tende costantemente a insegnarci cose di cui siamo inconsapevoli da svegli.
Il mondo che creiamo per noi stessi è creativamente infinito quanto la realtà dei nostri sogni.”

Abbiamo così terminato con Tutto è uno di Michael Talbot.
Al prossimo approfondimento e buone cose a tutti.

Fosco Del Nero

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