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Gli evangeli apocrifi – Autori vari (approfondimento)

14 Lug 2015 | Cristianesimo, Religione, Spiritualità

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Autori vari

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1
On 14 Luglio 2015
Last modified:22 Settembre 2022

Summary:

Come ho scritto nella recensione, la gran parte di quanto riportato nel libro Gli evangeli apocrifi è roba davvero povera, frutto del senso del sensazionalistico e della propaganda cristiana dei primi secoli dopo Cristo...

Gli evangeli apocrifi - Autori vari (spiritualità)Gli evangeli apocrifi – Autori vari (approfondimento)
Titolo: Gli evangeli apocrifi (Evangiles apocryphes).
Autore: autori vari (a cura di F. Amiot).
Argomenti: storia, religione, spiritualità.
Editore: Massimo.
Anno: 1952.
Voto: 4.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: Amazon.

 

Come ho scritto nella recensione, la gran parte di quanto riportato nel libro Gli evangeli apocrifi è roba davvero povera, frutto del senso del sensazionalistico e della propaganda cristiana dei primi secoli dopo Cristo, in cui per l’appunto si poneva l’accento su miracoli ed eventi clamorosi, quasi sempre senza alcun significato spirituale, per “pompare” la nuova religione.

Purtuttavia, per la legge dei grandi numeri (tanti testi diversi, autori diversi, periodi diversi, culture diverse), qualcosa di ispirante in questo testo c’è (nonostante l’impegno contrario che ci hanno messo i curatori!), ed è ciò che vado a proporvi in questo articolo di approfondimento.

Partiamo da una citazione intrigante, che a un’occhiata superficiale sembra proporre un Gesù vendicativo e cattivo in stile “Dio vecchio testamento”, ma che ad una conoscenza e valutazione più profonda sembra sottolineare alcune leggi dell’esistenza: in particolare, il digiuno-riposo settimanale e lo stato di presenza-consapevolezza. Tratto da una variante del Vangelo di Luca:
“Quello stesso giorno, avendo visto uno che lavorava il giorno di sabato, Gesù gli disse: ‘Uomo, se tu sai quello che fai, sii benedetto. Ma se non lo sai, sii maledetto, trasgressore della legge’.”

Riporto adesso un citazione dal Vangelo dei nazareni, anch’essa attribuita a Gesù. La riporto, oltre che perché è grandemente significativa del passaggio dalla dualità all’unità cui siamo chiamati, anche per sottolineare il commento del curatore del libro, il quale, dopo una sfilza di esibizione egocentrica di eventi miracolosi da superpoteri, liquida quella che è una delle citazioni più importanti che ha inserito nel suo testo con un “Sentenza senza interesse”. Bontà sua… ma almeno l’ha inserita nel testo, per cui qualcosa aveva intuito seppur in modo molto inconscio.
“Il Signore ha detto nel mistero: ‘Se non fate la destra come la sinistra e la sinistra come la destra, e ciò che è in altro come ciò che è in basso e ciò che è davanti come ciò che è dietro, non conoscerete il regno di Dio’.”

Ed ora, dopo le leggi dell’addormentamento-consapevolezza e della dualità-unità, passiamo al principio speculare dell’esistenza. Come vedete, a cercare si trovano ovunque gli stessi messaggi e insegnamenti, per chi ha gli occhi per vederli. Tratto dagli Atti di Giovanni.
“Rispondi ora alla mia danza. Specchiati in me che parlo, e vedendo ciò che faccio, conserva il silenzio sui miei misteri.
Colui che partecipa alla danza comprende ciò che faccio, perché è la tua questa sofferenza della natura umana che io devo provare. E tu non puoi in alcun modo comprendere ciò che soffri se io non sarò stato inviato in te come il verbo dal Padre. Tu che hai visto ciò che io soffro, tu mi hai visto soffrire, e a questa vista non sei rimasto insensibile, tu sei stato profondamente turbato e condotto a praticare la saggezza. Tu hai in me un letto; riposati su me.
Ciò che sembro essere ora io non lo sono. Tu vedrai quando verrai. Se tu sapessi come soffrire, diverresti capace di non soffrire più.”

Chiudo l’articolo con altre due citazioni, la prima lunghetta e la seconda molto lunga. Questa che segue, esposta sotto forma di preghiera, è tratta anch’essa dagli Atti di Giovanni, e anch’essa ci parla di dualità e di principio specchio.
“Io devo essere salvato e salverò. Amen.
Io devo essere liberato e libererò. Amen.
Io devo essere ferito e ferirò. Amen.
Io devo essere generato e genererò. Amen.
Io devo mangiare e mi darò in pasto. Amen.
Io devo ascoltare e sarò ascoltato. Amen.
Io devo essere oggetto di pensiero, essendo interamente pensato. Amen.
Io devo essere lavato e laverò. Amen.
Io devo suonare il flauto; danzate tutti. Amen.
Io devo essere pianto; piangete tutti. Amen.
Il numero dodici danza nei luoghi alti. Amen.
L’Altissimo partecipa al ballo tondo. Amen.
Chi non partecipa al ballo non conosce ciò che dovrà accadere. Amen.
Io devo andarmene e devo rimanere. Amen.
Io devo onorare e devo essere onorato. Amen.
Io devo essere unito e devo unire. Amen.
Io non ho casa e ho case. Amen.
Io non ho posto e ho posti. Amen.
Io non ho tempio e ho templi. Amen.
Io sono luce per colui che mi guarda. Amen.
Io sono specchio per colui che mi contempla. Amen.
Io sono porta per colui che mi viene incontro. Amen.
Io sono strada per te che passi. Amen.”

E veniamo all’ultimo brano proposto, estrapolato questo dagli Atti di Tomaso. Si tratta di una precisissima allegoria della discesa dell’anima nel mondo materiale, con il compito di vivere nel mondo fenomenico e di recuperare in esso il senso di unione col divino, dapprima accompagnata da delle guide, e poi da sola… anche se come si vede non rimane mai da sola e senza aiuto, proprio come le anime incarnate che ricevono sempre dei messaggi spirituali.
Ancora una volta, l’autore del testo dimostra di avere gli occhi chiusi di fronte ai significati evolutivo-spirituali, giacché commenta il brano sotto riportato in questo modo: “Questo strano poema, ingenuo e alquanto incoerente, non è facile a spiegarsi. Si propende a vedervi una descrizione allegorica della venuta di Cristo sulla Terra…”.
Ognuno sta facendo il passo che sta facendo, come sempre… ma che tenerezza!
“Quando ero bambino nel palazzo di mio Padre,
e vivevo nella ricchezza e nel lusso di quelli che mi allevavano,
dall’Oriente, mia patria, i miei genitori mi hanno fornito di provviste e mi hanno mandato via.
Mi hanno imposto un fardello preso dalle ricchezze dei loro tesori,
prezioso ma leggero, e che solo io potevo portare.
Fardello composto d’oro e di ciò che è nel cielo,
argento di grandi tesori, pietre, calcedonie dell’India, perle di Kushan.
Mi hanno armato di diamante,
mi hanno dato un vestito costellato di gemme e tessuto d’oro che avevano fatto per me perché mi amavano,
e una veste d’oro fatta su mia misura.
E hanno fatto un patto con me, l’hanno scritto nel mio cuore perché io non lo dimentichi e mi hanno detto:
“Se scendi in Egitto e ne riporti la perla che si trova presso un drago divoratore,
rivestirai nuovamente il vestito di gemme e la veste che vi è unita.
E sarai con tuo fratello che è accanto a noi l’erede del nostro regno”.
Io sono venuto dall’Oriente per un difficile e spaventoso cammino con due guide,
e non sono stato messo alla prova percorrendolo.
Sono passato attraverso le frontiere di Mosani dove si danno appuntamento i mercanti d’Oriente,
e ho raggiunto il paese dei Babilonesi,
ma quando entrai in Egitto le guide che viaggiavano con me mi hanno lasciato,
e io sono andato verso il drago per la via più celere e lo ho cacciato dal suo antro,
spiando il suo riposo e il suo sonno per prendergli la perla.
Ed essendo solo, ho mutato il mio aspetto e sono apparso al mio popolo come uno straniero.
Là ho visto il mio parente dell’Oriente, libero, bambino, pieno di grazia e di bellezza, figlio di principi.
Egli è venuto a me e ha abitato con me,
io ho fatto di lui il mio compagno, il mio amico, colui che condivide con me la strada.
L’ho avvertito di guardarsi dagli egiziani e di non partecipare alle cose impure.
Mi sono vestito come lui per non sembrare uno straniero venuto d’altrove, per impadronirmi delle perle e per la paura che gli egiziani svegliassero il drago per combattermi.
Ma, non so in quale occasione, seppero che non ero del loro paese, e ordinarono con l’astuzia un inganno contro di me e io gustai io loro cibo.
Da quel momento ho dimenticato che sono figlio di re e sono divenuto schiavo del loro re.
Ho dimenticato la perla per la quale i miei genitori mi hanno mandato, e reso greve dal loro cibo caddi un profondo sonno.
Ma quando mi accadde ciò, i miei genitori si preoccuparono e si addolorarono per me.
Fu pubblicato nel nostro regno un bando in modo che tutti potessero vederlo sulle porte.
Allora il re dei Parti, i funzionari e i personaggi di alto grado in Oriente
presero una decisione nei miei riguardi, perché io non fossi abbandonato in Egitto.
I principi mi scrissero in questi termini:
“Da parte di tuo padre, il Re dei re, e di tua madre che regna in Oriente e di tuo fratello che è in Egitto, pace.
Alzati e svegliati dal tuo sonno, porgi orecchio al contenuto della nostra lettera,
ricordati che sei figlio di re, tu che hai accettato il giogo della schiavitù!
Ricordati la perla per la quale sei stato mandato in Egitto,
ricorda il tuo vestito tessuto d’oro.
Il tuo nome è scritto nel libro della vita con quello di tuo fratello che tu hai ricevuto nel nostro regno.”
Il Re sigillò la lettera con la mano destra,
a causa dei nemici, figli di Babilonia e dei demoni tirannici del Labirinto.
E io, a quella voce e udendola, mi svegliai dal sonno.
Presi la lettera, la baciai e la lessi.
Ciò che vi era scritto riguardava ciò che era impresso nel mio cuore,
e mi ricordai subito di essere figlio di re,
e che quell’origine richiedeva che io fossi in libertà.
Ricordai anche la perla per la quale era stato mandato in Egitto.
Mi avvicinai con incantesimi magici al terribile drago,
e lo atterrai pronunciando su lui il nome del mio Padre,
e il nome di colui che è al secondo grado, e il nome di mia madre, regina d’Oriente.
Mi impadronii della perla e la portai ai miei genitori.
Mi svestii dell’immondo vestito e lo lasciai nel loro paese,
e intrapresi subito il viaggio verso l’Oriente luminoso, mia patria.
Trovai nel viaggio la lettera che mi aveva svegliato.
Come avesse una voce, mi faceva levare quando mi addormentavo,
e mi guidava con la luce che emanava da essa.
Il vestito regale di seta splendeva talvolta davanti ai miei occhi.
Attratto e sospinto dal suo amore, oltrepassai il Labirinto,
lasciai Babilonia alla mia sinistra e giunsi a Maishan la grande, che si trova sulla riva del mare.
Avevo perduto il ricordo del suo splendore, essendo ancora bambino
Quando l’avevo lasciata nel regno di mio Padre.
Vidi improvvisamente il vestito su me come fosse stato in uno specchio,
lo vidi interamente su di me, e mi vidi e riconobbi attraverso quello:
eravamo separati l’uno dall’altro,m poi nuovamente avevamo lo stesso aspetto.
Vidi che i maggiordomi che mi portavano il vestito erano due,
ma avevano lo stesso aspetto e un solo stemma reale era posto su di loro.
Avevano nelle mani denaro e ricchezze emi dettero il premio che mi spettava.
Il meraviglioso vestito splendeva di vari colori,
costellato d’oro, di pietre preziose e di perle del più bell’Oriente.
L’Immagine del Re dei re vi si rifletteva da ogni parte.”

In effetti, forse valeva la pena leggere il testo solo per queste poche citazioni, scovate tuttavia tra centinaia di cose pacchiane e prive di qualunque valore evolutivo. Ma a questo punto tanto vale leggersi questo solo articolo ai approfondimento e via… ma ovviamente se volete potete verificare da soli.

Detto ciò, l’approfondimento del testo Gli evangeli apocrifi è terminato.
A presto e buone cose a tutti

Fosco Del Nero

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