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Prima di Io Sono – Mooji (approfondimento)

20 Ago 2018 | Advaita vedanta, Esistenza, Spiritualità

Review of: Prima di Io Sono
Product by:
Mooji

Reviewed by:
Rating:
5
On 20 Agosto 2018
Last modified:25 Gennaio 2023

Summary:

Bentrovati con questo nuovo articolo di approfondimento: esso sarà dedicato a Prima di Io Sono, di Mooji.

Prima di Io Sono - Mooji (esistenza)Titolo: Prima di io sono (Before I Am).
Autore: Mooji.
Argomenti: advaita vedanta, esistenza.
Editore: Ubaldini Editore.
Anno: 2012.
Voto: 8.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libriAmazon.

 

Bentrovati con questo nuovo articolo di approfondimento: esso sarà dedicato a Prima di Io Sono, di Mooji.

Per questo articolo ho fatto una scelta un po’ particolare: lascerò le citazioni più “serie”, numerose dal momento che il testo è di valore e pieno di spunti validi, alla pagina facebook, mentre questo articolo sarà composto da alcune citazioni di storielle o metafore.
Molto serie come contenuti, ovviamente, ma più leggere come forma.

La prima citazione è una metafora sulla natura della mente e dei pensieri; non è una storiella, ma sarà utile a molti, da cui l’inserimento nell’articolo.
“Immagina di stare sulla banchina di un binario, alla stazione. Uno alla volta i treni arrivano, si fermano, le porte si aprono e si chiudono, e poi il treno riparte. Ma tu non devi salire a bordo.
Allo stesso modo, osserva soltanto l’attività del pensiero che appare sullo schermo della coscienza, senza però stabilire una connessione con tale attività. Non devi collegarti ad essa.
Vedrai che pensieri e sensazioni se ne vanno da soli, senza che li si debba costringere.
Resta neutrale, stai con la consapevolezza; sii la consapevolezza stessa.”

Passiamo ora alle storielle vere e proprie.
Partiamo da un brano che ci parla sempre della mente… e in modo davvero divertente e direi persino memorabile.
“Ascolta questa storia: c’è un uomo che ha preso un po’ di lezioni di guida e finalmente può affrontare la strada. Una mattina sta guidando in autostrada accanto all’istruttore e inizia a piovere. L’istruttore gli dice di azionare il tergicristallo, ma appena quello entra in funzione, l’uomo inizia a seguirlo con gli occhi e la macchina sbanda da una parte all’altra, con gli altri automobilisti che si mettono a suonare il clacson, pensando che sia ubriaco.
“Possiamo spegnere il tergicristallo?”, chiede l’uomo, “Mi distrae.”
“Guarda solo la strada e non ti distrarrà”, gli suggerisce l’istruttore.
“Almeno credo di dover tornare sulla corsia dei veicoli lenti”, riprende il primo.
“No”, risponde l’altro deciso, “concentrati sulla strada.”
“Non ci riesco”, fa l’uomo irritato, “i miei occhi si fissano automaticamente sul movimento del tergicristallo. Lo possiamo spegnere?”
“No, devi imparare a guidare con il tergicristallo acceso”, gli fa notare l’insegnante, “Concentrati solo sulla strada.”
“Ma è troppo pericoloso; non riesco ad andare dritto!”
“Stai solo attento alla strada, lascia perdere il tergicristallo.”
“È rischioso, farò un incidente!”, grida l’uomo. Gli altri automobilisti adesso gli strillano addosso e imprecano contro di lui: “Fatti da parte, razza di ubriacone!”.
La pioggia è torrenziale e il maestro di guida mette il tergicristallo alla massima velocità: “Concentrati solo sulla strada e rilassati.”
L’uomo al volante, sebbene in preda all’ansia, si fida delle parole calme dell’istruttore. Poco a poco la macchina riprende ad andar dritta dato che l’autista in qualche modo riesce a mantenere l’attenzione sulla strada, nonostante la gran velocità del tergicristallo. Si rilassa un po’. Adesso quel movimento non lo distrae più.
Con te è la stessa cosa. Concentrarsi sulla strada nel tuo caso vuol dire concentrarsi sull’osservatore neutrale invece che sui pensieri, sulle circostanze e i problemi apparenti. Rimani nell’osservatore. Non seguire il flusso della mente; non sei questo flusso. Mantieni l’attenzione dentro la consapevolezza.”

Seconda storiella: ci spostiamo dalla scuolaguida in strada a uno studio di un medico.
Anche in questo caso, la storiella è sia divertente sia istruttiva, e ci parla dell’ego.
“Ti racconto una storia: pieno di dolori, un signore va da dottore.
“Cosa posso fare per lei?”, gli chiede il medico.
“Mi fa male tutto”, fa l’uomo, “Se mi tocco qui”, e indica vicino al cuore, “mi duole. E se mi tocco qui”, spiega con il dito sul naso, “mi fa male.”
Il dottore è perplesso, ma continua a osservare il pazienza. Quello si tocca lo stomaco: “Ahi, mi fa male da morire!”, poi il sopracciglio, e si lamenta ancora.
Il medico lo visita a fondo e alla fine dice: “Senta, non riesco a trovare nulla che non va nelle zone del corpo che ha indicato. In realtà, è il dito che si è rotto!”.
L’‘io’ è il dito. Ovunque vada l’io, sorgono problemi.”

Le ultime due citazioni-storie sono più lunghe.
In questa penultima ci postiamo nella corte di un re dell’Oriente; passiamo dalla mente-ego delle precedenti citazioni all’essenza universale e alla consapevolezza.
“C’era una volta un re che desiderava raggiungere l’illuminazione. Si sentiva molto attratto dalla tradizione spirituale e filosofica dell’advaita vedanta, secondo cui esiste una sola realtà indivisa e onnicomprensiva, e noi stessi siamo tale realtà. Il re amava le conversazioni di argomento religioso e la compagnia di saggi e santi.
Un giorno un monaco nudo si mise di fronte all’entrata del palazzo. Aveva i capelli lunghi, le unghie lunghe e ricurve e portava con sé solo un bastone. Sembrava uno che viveva nella foresta.
Battè tre colpi sul gran portale del palazzo.
Una guardia venne ad aprire e dopo averlo squadrato dalla testa ai piedi, gli chiese: “Che vuoi?”.
“Ho un appuntamento con il re”, furono le parole del monaco.
“Aspetta qui”, rispose la guardia richiudendo la porta.
“Sire, c’è un monaco nudo fuori dal palazzo, e dice che ha un appuntamento con sua maestà”, riferì la guardia.
Al re piaceva scherzare, ma siccome stavolta era un po’ disorientato, ordinò alla guardia di chiedere allo straniero se fosse un ministro del regno. E così fece l’uomo: “Sei un ministro del re?”.
Il monaco scosse lentamente la testa e indicando il cielo rispose: “Sono al di sopra”.
La guardia comunicò al re questa risposta: “Sire, dice che è superiore a un ministro”.
“Superiore a un ministro? È un mio consigliere?”
“Sei un consigliere del re?”, domandò la guardia, tornata all’entrata del castello.
E ancora ricevette la solita replica: “Sono al di sopra”.
“Vostra maestà, il monaco nudo dice di essere superiore a un consigliere.”
“Davvero? Ma allora è un sacerdote? O forse un profeta?”, indagò il re.
“Sei un sacerdote o un profeta?”, lo interrogò la guardia.
“Al di sopra”, accennò il monaco col dito indice puntato.
“Al di sopra di un profeta?”, esclamò il re raddrizzandosi un po’, “Ma allora deve essere il sovrano di un altro paese.”
“Sei il sovrano di un altro paese?”, chiese la guardia, che era un po’ scettica riguardo al monaco.
“Sono al di sopra”, le fu risposto di nuovo.
Quando la cosa giunse al re, lui si alzò del tutto e tirandosi dietro lo strascico delle vesti si incamminò a grandi passi verso il portale del palazzo.
“Sopra a un re c’è solo Dio”, dichiarò il sovrano quando vide il monaco, dritto nella luce lunare: “Sei Dio?”
Ci fu un lungo e intenso silenzio.
Alla fine il monaco, gli occhi pieni di un bagliore selvaggio, proferì le parole: “Sono al di sopra”.
Il re fu colpito dalla forza e dalla presenza di quello strano monaco, ma non riuscì a trattenere la sua curiosità.
“Che cosa?”, esclamò con stupore e soggezione, “Nulla è al di sopra di Dio.”
Il viso del monaco si illuminò di un sorriso sottile: “Quello sono io”, fu il responso strabiliante.”

L’ultima citazione è ultima in senso stretto, dal momento che praticamente Prima di Io Sono si conclude con essa… ed è un gran bel finale, devo dire.
Andiamo stavolta nell’oceano a conoscere un’onda un po’ particolare.
“C’era una volta un’ondina ormai sfinita e turbata dal continuo andirivieni tra spiaggia e orizzonte.
Un giorno venne a sapere del Grande Oceano: un luogo dove non si vagava senza tregua alla mercé della corrente, e dove tutto era calmo e pieno d’amore. Sorse così in lei un immenso desiderio di trovare questo posto tranquillo, pur non sapendo da dove cominciare.
“Conoscete la strada per il Grande Oceano”?, chiedeva ad altre onde che passavano di là.
Un’onda anziana, appesantita da una quantità di alghe marine, le rispose: “Ne ho sentito parlare di questo Oceano, ma è molto lontano e ci vogliono tante vite per raggiungerlo”.
Un altro flutto gorgogliò: “Ho sentito dire che se siamo gentili e delicati, se facciamo davvero i bravi, al momento di morire ci ritroveremo lì, nel Grande Oceano”.
“Siete delle illuse, non esiste il vostro Oceano”, aggiunse con cinismo un gorgo vorticante.
“Ehi, vieni con me”, fece la voce cordiale di un’onda fresca e vivace, “conosco un flutto molto saggio che c’è stato davvero al Grande Oceano, e lo conosce bene. Te lo presento!”.
E partirono entrambe. Ma proprio al momento di andarsene un’altra onda brontolò: “Pazze siete! Perché sprecare tutte queste energie alla ricerca di un posto leggendario? Perché non vi accontentate di ciò che avete?”.
Giunta ben presto alla dimora del flutto saggio, l’ondina gli chiese: “Per favore, potresti mostrarmi il Grande Oceano?”.
Il flutto saggio scrosciò a ridere spruzzando tutto intorno la superficie acquosa: “Ma cosa credi che sia questo Oceano, bambina mia?”.
“Ho sentito dire che è un luogo meraviglioso, pieno di gioia, amore e pace costante”, fremette l’ondina.
Il flutto saggio continuò a ridere: “Amica mia, tu cerchi il Grande Oceano, ma sei tu stessa questa oceano; è buffo che tu non lo sappia!”.
Questo aumentò la confusione dell’ondina, che si irritò anche un po’: “Ma come può essere una cosa del genere? Io non vedo nessun oceano, vedo soltanto onde su onde”.
“Ma è perché pensi di essere un’onda anche tu”, rispose il flutto saggio sorridendo.
Al che l’ondina riempì di schizzi uno scoglio vicino, per la frustrazione: “Non capisco una parola di quello che dici! Me lo puoi far vedere il Grande Oceano sì o no?”, insistette impaziente.
“va bene, va bene, piccola amica; sei molto determinata, tu!”, replicò il flutto saggio, “Ma prima ti dispiacerebbe tuffarti a massaggiarmi i piedi, che mi fanno tanto male?”.
L’ondina si immerse e scomparve come onda.
E in quell’istante scoprì che il Grande Oceano non era altro che se stessa; aveva solo sognato di essere un’onda separata. Con questa consapevolezza si gustò il gioco di danzare in ogni onda, con gioia immensa.”

E con questo ultimo brano abbiamo terminato col bellissimo libro di Mooji Prima di Io Sono, testo davvero consigliato.

Fosco Del Nero

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