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La danza del vuoto – Adyashanti (approfondimento)

22 Dic 2015 | Advaita vedanta, Esistenza, Spiritualità, Zen

Product by:
Adyashanti

Reviewed by:
Rating:
5
On 22 Dicembre 2015
Last modified:22 Settembre 2022

Summary:

Ed eccoci qui con l’articolo di approfondimento di uno dei testi più belli e significativi che ho proposto sul sito in tempi recenti: La danza del vuoto di Adyashanti...

La danza del vuoto - Adyashanti (spiritualità)Titolo: La danza del vuoto (Emptiness dancing).
Autore: Adyashanti.
Argomenti: zen, advaita vedanta, esistenza, spiritualità.
Editore: Tecniche nuove.
Anno: 2004.
Voto: 8.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libriAmazon.

 

Ed eccoci qui con l’articolo di approfondimento di uno dei testi più belli e significativi che ho proposto sul sito in tempi recenti: La danza del vuoto di Adyashanti.

Gli spunti di valore in questo libro sono tanti. Come sempre, ne proporrò alcuni, lasciando gli altri alla pagina facebook.

La prima citazione ci parla del conflitto tra i nostri desideri e il nostro percorso evolutivo… conflitto che si risolverà solo nel momento in cui ci arrenderemo all’esistenza.
“Quando permetti alla consapevolezza di entrare, scopri che combina dei begli scherzi alla tua vita.
Non si muove seguendo il programma del piccolo io e delle sue idee preconcette su quello che dovrà accadere dopo. Al risveglio non gliene frega un fico secco dei tuoi programmi. È in continuo movimento, non ascolta quello che vuoi.
Scopri che ha una dinamica propria: credo che arrendersi veramente sia assecondare questo moto. È questo il vero significato di ‘Sia fatta la tua volontà’.”

Va da sé che la famosa resa occorre si attua mettendo da parte l’ego, il sé dal cui punto di vista abbiamo valutato tutto quanto fino a quel momento.
“Quando il risveglio è molto profondo, non agiamo più partendo dal sé individuale. Altrimenti detto, niente a più alcuna attinenza con l “io”.
I pensieri non “mi” riguardano più; i sentimenti non hanno niente a che fare con “me”, e neppure quello che fanno gli altri. Ciò che accade nel mio mondo non ha alcuna relazione con “me”.
Nello stato di coscienza egoico, ogni cosa che accade, letteralmente, succede a “me”. E questo è lo stato di coscienza normale.”

Resa, accettazione, apertura all’esistenza, crollo dei muri…
“Quando si rinuncia alla protezione, la verità affiora ed elimina l’immagine di sé. L’immagine di sé è fornita con un muro di difesa; senza il muro, il ricordo della tua vera natura può emergere velocemente e rimuovere l’immagine, buona o cattiva che sia.
Non esiste nessuna immagine di sé senza muro, nessuna immagine di sé che non comporti sofferenza. Inoltre, non hai soltanto le tue mura, ma anche quelle che proietti sugli altri, le immagini che hai degli altri e che ti impediscono di vedere la loro vera natura.
Non appena sei disposto a vedere che l’immagine non è vera, le mura crollano.
Quando si squarcia il muro dell’intelletto, la tua mente si spalanca.
Quando si squarcia il muro dell’emozione, è il tuo cuore ad aprirsi.
Quando la realizzazione della Verità rimuove il piccolo io, all’improvviso non vi è più un’immagine di sé, ma solo pura presenza.”

Ciò, è chiaro, non è semplice, anche perché, oltre che dentro, abbiamo intorno un certo tipo di coscienza-consapevolezza, piuttosto pesante e grezza, ed è da questa che dobbiamo svincolarci.
“Siamo circondati da coscienza grossolana. È un tipo di coscienza pesante, spessa e densa.
Quando accendi la televisione trovi solitamente coscienza grossolana. La maggior parte dei film che vai a vedere esprime una coscienza grossolana. Grossolano significa addormentato nello stato di sogno.
Visto da questo stato di coscienza grossolana, il silenzio ha sembianze di un oggetto. Apparentemente, è qualcosa che ti accade. Ma questo non è il silenzio vero. Il silenzio reale è la tua vera natura. Affermare “io sono silenzioso” è, di fatto, una totale assurdità. Se guardi meglio, vedi che tu non sei silenzioso, ma sei silenzio. Dal punto di vista concettuale sembra che ci sia una differenza minima tra l’esperienza dell’“io sono silenzio” e dell’“io sono silenzio”, ma in realtà si tratta di distinguere la schiavitù dalla libertà, l’inferno dal paradiso.
Smettila di pensare che il silenzio sia solo assenza di rumore, rumore mentale, emotivo o esterno, intorno a te. Finché consideri che il silenzio sia qualcosa di oggettivo, che non sei tu, ma che potrebbe venire a te in veste di esperienza emotiva, stai solo rincorrendo una tua proiezione mentale.
Cercare il silenzio è come sfrecciare con un motoscafo lungo le rive di un lago in cerca di un posto tranquillo e silenzioso; mentre tu – vrum, vrum! – ti aggiri rombando, cresce sempre più la tua ansia di non riuscire mai a trovare la quiete. Poco importa quanto tempo sfrecci rombando intorno al lago, non troverai mai il silenzio. In realtà, l’unica cosa da fare è rallentare e spegnere il motore.”

Ancora un brano sul silenzio e sul suo potere trasformante, se naturalmente lo sappiamo ascoltare e accogliere.
“Il silenzio si rivela unicamente a se stesso. Solo se entriamo in qualità di niente e rimaniamo niente, il silenzio ci svelerà il suo segreto.
Il suo segreto è se stesso. Per questo motivo dico che tutte le parole, tutti i libri, gli insegnamenti e i maestri possono soltanto accompagnarti fino alla porta e forse invogliarti ad entrare. Sulla soglia, cominci a sentire la presenza del silenzio in modo molto potente. Quando questo accade, sorge spontaneamente qualcosa che è disposto a entrare senza essere qualcuno. È il sacro invito.
Dentro di te scopri che il silenzio è il maestro ultimo e definitivo e l’insegnamento finale e risolutivo. È l’unico maestro che non ti parlerà.
Il silenzio è l’unico maestro e il solo insegnamento che mette la nostra umanità in ginocchio, per sempre. Con qualsiasi altro maestro o insegnamento riusciamo ad alzarci in piedi. Possiamo pensare: “Oh, ho sentito che Adya diceva questo, questo e quello, e mi sembra ottimo!”, e ci ritroviamo ad alzarci dal pavimento della resa, dell’abbandono. Voltiamo le spalle alla nostra umiltà più bella e sacra.
Il silenzio è il maestro migliore, quello decisivo, perché nel silenzio si trova l’incessante esortazione a fare ciò che il nostro cuore umano desidera veramente, ossia star sempre in ginocchio sul pavimento, esser sempre immersi in uno stato di devozione verso la Verità.
Il silenzio è l’unico insegnamento e il solo maestro che è sempre qui. Ogni minuto in cui sei sveglio, ogni minuto in cui sei vivo, ogni minuto in cui respiri, il silenzio è qui.”

Propongo adesso alcuni brani davvero significativi e di valore, relativi al conflitto tra ciò che è e ciò che il nostro ego vorrebbe che fosse… cosa che poi è la radice di ogni dramma umano.
“Consenti al mistero dell’essere di manifestarsi attraverso la tua esperienza. Parti dall’essere, piuttosto che dal pensare.
Mentre il mistero si dischiude, diventi allora sempre più luminoso, semplicemente essendo questa presenza consapevole. Poi, il senso di identità cessa gradatamente di autodefinirsi in termini di separazione e conflitto interiore. La mente scopre che non vi è alcun gancio cui appendere un’identità, e perciò quest’ultima comincia a scomporsi, trasformandosi in apertura.
In modo misterioso e paradossale, più l’identità si decostruisce, più ci sentiamo vivi e presenti. Il senso del sé diventa come zucchero che si scioglie nell’acqua, finché è come se non ci fosse nessun sé, eppure esistiamo ancora.”

Adesso Adyashanti ci svela il segreto per essere felici.
“Il segreto per essere felici è semplicissimo. Basta lasciar andare ogni pretesa sul momento presente.
Ogni volta che hai qualche pretesa su questo momento – che ti dia qualcosa o che tolga di mezzo qualcos’altro – vi è sofferenza. Le tue pretese ti tengono incatenato allo stato di sogno della mente incondizionata. Il problema è che quando c’è una pretesa, ti sfugge completamente ciò che vi è adesso.
Il lasciar andare si applica anche alla pretesa più elevata e sacra, e addirittura alla necessità di essere amati. Se pretendi di essere amato, con una certa abilità e sottigliezza, e anche se ottieni amore, non ti basta mai. L’attimo seguente, la pretesa si impone un’altra volta e tu hai di nuovo bisogno d’essere amato. Non appena molli la presa, tuttavia, in quello stesso istante vi è la consapevolezza che l’amore c’è già, proprio qui. La mente ha paura che se molla la presa non otterrà ciò che vuole, come se la pretesa funzionasse. Non è così che le cose funzionano.
Smettila di inseguire la pace, smettila di rincorrere l’amore, e il tuo cuore sarà riempito.
Smettila di cercare d’essere una persona migliore, e sarai una persona migliore.
Smettila di cercare di perdonare, e il perdono accadrà.
Fermati e fa’ silenzio.”

Segue ora un altro brano sul momento presente e sulla sua accettazione (= resa).
Se sediamo senza pretendere nulla da questo momento, senza aspettare il momento seguente, senza voler ottenere qualcosa – qualunque cosa – quando non stiamo aspettando di essere illuminati, o di ottenere l’amore, la pace o la tranquillità mentale, e quando la smettiamo di pretendere alcunché da noi stessi, allora il sacro, semplicemente, si apre, proprio perché nessuna pretesa grava su di esso.
La relazione vera e sacra con il momento presente sboccia quando non gli chiediamo di esser diverso da quello che è.
Allora la bellezza sboccia, fiorisce.
Ma se abbiamo la minima pretesa riguardo a questo momento, allora la bellezza ci sfugge.
La nostra pretesa distorce quel che siamo in grado di vedere e di sperimentare dentro di noi.

Siamo in dirittura d’arrivo, e la terzultima citazione ricorda un po’ il famoso Ouroboros, il serpente che si morde la coda.
“La verità è che tu sei già ciò che stai cercando.
Stai cercando Dio con i suoi occhi.
Questa verità è così semplice e sconvolgente, così radicale e tabù che è facile che ti sfugga nella frenesia della ricerca.”

La penultima allarga un po’ il concetto, tra amore e separazione.
“Quando ti risvegli davvero alla Verità, vedi che attraverso ogni circostanza, ogni esperienza, sei stato sempre amato. È meraviglioso vedere che esiste un filo d’amore che attraversa ogni singolo momento.
Non c’è mai stata una vittima, neppure per un istante. E nonostante l’aspetto doloroso, si è sempre e soltanto trattato di una spada inesorabile che stava lì per farti vedere la Verità.
Scendere a patti con questo, accettarlo, è difficile, perché ci strappa di dosso ogni minima briciola di vittimismo.
Richiudi lo squarcio tra ciò che è e ciò che tu vorresti che fosse, tra ciò che si manifesta e ciò che tu vorresti si manifestasse.
La separazione che senti è la voragine del giudizio.
Devi scegliere pienamente ciò che è e appoggiarti su di esso con tutto il tuo essere.”

Ed ecco il risultato di tale “scatto”.
“Un amore smisurato si innalza dinanzi al miracolo della vita nel momento in cui comprendiamo che tutto è Uno.
È un amore diverso da quello che proviamo nell’ottenere quel che desideriamo, o nel trovare il partner perfetto.
L’amore di cui sto parlando nasce semplicemente perché abbiamo i lacci delle scarpe o perché esistono le dita dei piedi.”

Bene, e col bellissimo La danza del vuoto di Adyashanti è tutto.
A presto e buone cose a tutti.

Fosco Del Nero

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