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Lo yoga della Bhagavad Gita – Paramhansa Yogananda (approfondimento)

4 Apr 2024 | Induismo, Spiritualità

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Paramhansa Yogananda (approfondimento)

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Rating:
5
On 4 Aprile 2024
Last modified:8 Aprile 2024

Summary:

Ho deciso che, nell’effettuare l’approfondimento del libro di Paramhansa Yogananda "Lo yoga della Bhagavad Gita" utilizzerò solamente citazioni del maestro indiano...

Lo yoga della Bhagavad Gita - Paramhansa Yogananda (induismo)Titolo: Lo yoga della Bhagavad Gita (The yoga of the Bhagavad Gita).
Autore: Paramhansa Yogananda.
Argomenti: spiritualità, induismo, esistenza.
Editore: Astrolabio.
Anno: 1925.
Voto: 8.
Recensione: qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libri, Amazon.

 

Ho deciso che, nell’effettuare l’approfondimento del libro di Paramhansa Yogananda Lo yoga della Bhagavad Gita utilizzerò solamente citazioni del maestro indiano, ignorando il pur ricchissimo testo della Bhagavad Gita, che è una miniera di saggezza e che mette in ombra persino il buon Yogananda.

Prima della traduzione del testo indù, infatti, vi sono circa novanta pagine di presentazione, oltre che qualche raro commento sparso nel resto del libro, altrimenti dedicato solamente alla Gita: è a tali brani che verrà dedicato questo articolo.

Cominciamo con una citazione sulla datazione degli antichi testi e dell’antica civiltà indù, sottostimata come tante altre testimonianze del passato al fine di reggere una narrazione che nasconde le vere origini e la vera grandezza dell’uomo.
“Le scritture indù testimoniano che la civiltà dell’India risale a epoche molto più remote di quanto non riconoscano gli storici occidentali contemporanei. Secondo i calcoli di Swami Sri Yukteswar, riportati ne La scienza sacra, l’Età dell’Oro, durante la quale la civiltà materiale e spirituale dell’India raggiunse il massimo splendore, terminò intorno al 6700 a.C., dopo aver prosperato per molte migliaia di anni.
La letteratura sacra indiana menziona molte generazioni di re e di saggi vissuti in epoche precedenti agli eventi che costituiscono il tema principale del Mahabharata. Anche nella Gita, Krishna descrive la lunga fase di declino della cultura spirituale dell’Intia dall’Età dell’Oro fino ai suoi tempi, fase durante la quale la scienza dello yoga si andava gradualmente perdendo.
Come leggiamo in un passo dell’Autobiografia di uno yogi, “Molti antropologi, credendo che 10.000 anni fa l’umanità vivesse nelle barbarie dell’età della pietra, hanno respinto sbrigativamente come “miti” tutte le conoscenze che ci sono state tramandate riguardo ad antichissime civiltà come quella della Lemuria, di Atlantide, dell’India, della Cina, del Giappone, dell’Egitto, del Messico e di molti altri paesi”.
Tuttavia, la ricerca scientifica più recente inizia a proporre di rivalutare la veridicità delle antiche cronologie.”

Col secondo brano si cambia registro: parliamo dell’affinità che esiste tra la figura di Krishna e quella di Cristo… non solo nel nome.
“È innegabile l’esistenza di alcune affinità tra Krishna e Gesù.
Entrambi furono concepiti per intervento divino e la loro nascita e la missione affidata loro da Dio furono preannunciate nelle profezie.
Gesù nacque in un’umile mangiatoia; Krishna in una prigione (dove i suoi genitori, Vasudeva e Devaki, erano stati rinchiusi da Kansa, fratello malvagio di Devaki, che aveva usurpato il trono del padre).
Sia Gesù che Krishna furono portati via in segreto e messi in salvo dalla condanna a morte, emessa contro tutti i neonati maschi per trovare e uccidere alla nascita i due bambini divini.
Gesù venne chiamato “il buon pastore”, mentre Krishna nella sua fanciullezza fu un mandriano.
Gesù fu tentato e minacciato da Satana; Krishna fu perseguitato dalle forze del male, personificate da demoni, che cercarono inutilmente di ucciderlo.
Gli appellativi di “Cristo” e “Krishna” hanno lo stesso significato spirituale: Gesù il Cristo e Yadava il Krishna sono due appellativi che si riferiscono allo stato di coscienza manifestato dai due esseri illuminati, ovvero alla loro unità con la coscienza di Dio onnipotente nella creazione, unità realizzata mentre vivevano la loro incarnazione terrena.”

Andiamo ora su argomenti più tecnici e più evolutivi: le due forze opposte presenti nell’essere umano, una verso la consapevolezza e l’altra verso l’inconsapevolezza.
“Vi sono due forze, o poli magnetici, che si oppongono l’una all’altra: l’intelligenza dotata di discernimento (buddhi) e la mente legata ai sensi (manas).
Buddhi, il puro intelletto capace di discernimento, è rappresentato allegoricamente da Pandu, marito di Kunti (la madre di Arjuna e degli altri principi Pandava che simboleggiano i giusti principi). Il nome Pandu deriva da “pand”, “candido”, metafora della limpidezza del puro discernimento.
Manas è rappresentata allegoricamente dal re cieco Dhritarashtra, padre dei cento Kuru, ovvero delle impressioni sensoriali e delle inclinazioni sensuali, che sono tutte rivolte verso i piaceri mondani.
Buddhi deriva il proprio retto discernimento dalla supercoscienza dell’anima, che si manifesta nelle sedi causali della coscienza poste nei centri spirituali cerebrospinali. Manas, la mente sensoriale, il sottile polo magnetico rivolto all’esterno verso il mondo materiale, è situata nel Ponte di Varolio, fisiologicamente deputato al coordinamento sensoriale.
Pertanto l’intelligenza buddhi attira la coscienza verso la verità, cioè le realtà eterne: la coscienza dell’anima ovvero la realizzazione del Sé. Invece manas, la mente sensoriale, cerca di distogliere la coscienza dalla verità e la tiene impegnata all’esterno con le attività sensoriali del corpo e quindi con maya, il mondo delle relatività illusorie.”

Procediamo con un altro brano estratto da Lo yoga della Bhagavad Gita: la differenza tra il devoto spirituale e l’uomo debole e mondano.
“Il devoto che percorre il sentiero della realizzazione del Sé deve avere un corpo sano e i sensi educati e disciplinati dall’autocontrollo; deve inoltre possedere forti redini mentali per tenere saldamente i sensi sotto il suo controllo e un acuto discernimento per guidarli. In questo modo il cocchio del corpo può percorrere lo stretto e diritto sentiero della giusta azione fino alla destinazione finale.
L’uomo mondano che ha un corpo vulnerabile, scarso discernimento e deboli facoltà mentali, e quindi permette ai suoi forti impulsi di scorrazzare senza freno, a loro piacimento, sull’impervia strada della vita, andrà sicuramente incontro a un destino disastroso, fatto di malanni e fallimenti materiali.”

Cambio di argomento: l’incarnazione di una specifica anima in uno specifico corpo.
“Quando lo spermatozoo e l’ovulo si uniscono cominciando a formare un nuovo corpo umano, nel mondo strale (la dimora celeste che ospita le anime tra un’incarnazione e l’altra) appare un lampo di luce. Quella luce trasmette un modello che attira un’anima dotata di un particolare karma, cioè di un particolare bagaglio di inclinazioni che l’individuo stesso ha determinato, con le azioni compiute nelle vite precedenti.
In ogni incarnazione, il karma si manifesta in parte attraverso le leggi dell’ereditarietà; così l’anima di un bambino è attirata in una famiglia nella quale i caratteri ereditare si accordano col suo karma.”

L’ultimo brano proposto è un po’ un sunto dell’intero testo della Gita, come presentato da Yogananda.
“Le parole che Sri Krishna rivolge ad Arjuna nella Bhagavad Gita sono un profondo testo sacro sulla scienza dello yoga, ovvero dell’unione con Dio, e allo stesso tempo costituiscono un vademecum per la vita di ogni giorno.
Lo studente è condotto passo passo, insieme con Arjuna, dallo stato di coscienza mortale, caratterizzato dal dubbio spirituale e dalla pavidità, alla sintonia divina e alla risolutezza interiore.
Il messaggio universale e intramontabile della Gita abbraccia ogni aspetto della verità.
La Gita insegna all’uomo quali sono i suoi giusti doveri nella vita, e come compierli con quel distacco che gli consente di evitare la sofferenza, di crescere in saggezza e di ottenere il successo negli obiettivi che si pone.
Gli enigmi della creazione si sciolgono alla luce della comprensione della natura della materia.”

Abbiamo così concluso con Lo yoga della Bhagavad Gita, ennesimo libro di Paramhansa Yogananda recensito e presentato su Una vita fantastica.
Al prossimo.

Fosco Del Nero

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