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Exotropia – Fabio Marchesi (approfondimento)

23 Ago 2021 | Esistenza, Mente, Scienza

Review of: Exotropia
Product by:
Fabio Marchesi

Reviewed by:
Rating:
2
On 23 Agosto 2021
Last modified:22 Settembre 2022

Summary:

Eccoci qui con l’articolo di approfondimento dedicato a "Exotropia", libro scritto da Fabio Marchesi nel 2006.
Come di consueto, andiamo a leggere alcune citazioni tratte dal libro oggetto dell’approfondimento.

Istruzioni per gli angeli - Igor Sibaldi (spiritualità)Titolo: Exotropia
Autore: Fabio Marchesi.
Argomenti: esistenza, scienza, mente.
Editore: Tecniche Nuove.
Anno: 2006.
Voto: 4.5.
Recensione qui.
Dove lo trovi: MacrolibrarsiGiardino dei libri, Amazon.

 

Eccoci qui con l’articolo di approfondimento dedicato a Exotropia, libro scritto da Fabio Marchesi nel 2006.
Come di consueto, andiamo a leggere alcune citazioni tratte dal libro oggetto dell’approfondimento.

Partiamo da una citazione che contiene una storiella, la quale spiega in maniera intuitiva come mai la scienza sperimentale non può e non potrà mai arrivare a comprendere alcuni fenomeni dell’esistenza.
“Lungo una strada, in una sera tarda e buia, un uomo è chinato verso terra intento a cercare qualcosa alla luce di un lampione. Un passante gli chiede che cosa stia cercando.
“Sto cercando la mia chiave di casa, è una piccola chiave.”
Il passante lo guarda e replica: “Se vuole l’aiuto a cercarla”.
“Sì, grazie!”
A quel passante, poi, se ne aggiunge un altro e altri ancora.
Trascorrono diversi minuti, tutti sono chini a cercare quella piccola chiave alla luce di quel lampione, ma nessuno riesce a trovarla.
Trascorre altro tempo fino a quando uno di loro si rivolge all’uomo che ha perso la chiave e gli chiede: “Ma è sicuro di averla persa qui?”.
E lui risponde: “No, l’ho persa più o meno laggiù”.
Tutti sgomenti, allora, si rivolgono a lui: “Ma perché allora la cerca qua?”.
“Perché là è buio, mentre qua si vede.”
I modelli dominanti della realtà che l’uomo ha definito dopo secoli di osservazioni, riflessioni e ricerche prevedono, normalmente, che un fenomeno, per essere considerato scientificamente reale, debba non solo essere osservabile ma anche ripetibile e, possibilmente, dimostrabile; debba comunque poter essere, direttamente o indirettamente, visibile e misurabile, cioè che sia, riferendoci alla storiella precedente, “alla luce del lampione”.
Non solo tutto ciò che non rientra nell’ambito di quell’osservabilità, diretta o indiretta, non viene considerato reale, ma qualsiasi cosa si crede possa esistere (in genere per spiegare altri fenomeni osservabili) viene “cercata” solo dove può essere osservata o misurata e, fino a quando non lo è, se ha un supporto teorico convincente, viene eventualmente considerata un’ipotesi teorica. La sua eventuale successiva osservazione o misurazione, se è possibile, viene considerata la prova “indispensabile” della sua esistenza, ma senza l’ulteriore conferma della sua ripetibilità che possa permettere di fare previsioni, anche una o poche osservazioni non sarebbero comunque sufficienti per ritenere “scientificamente” reale quella cosa.
Ma se quella “cosa” fosse da tutt’altra parte o, semplicemente, non fosse, per sua natura, osservabile, misurabile o ripetibile? Non solo non potrebbe essere mai trovata, vista o misurata ma, altresì, non verrebbe considerata una cosa reale.”

Parlando di cose reali, per quanto strane e curiose, vediamo il caso dei bambù… e la difficoltà della scienza occidentale di approcciarsi a fenomeni come questo.
“Vi sono molti fenomeni che sono riconosciuti come veri solo perché accadono e sono evidenti, ma i modelli tradizionali della realtà non sono in grado di dare ad essi delle vere spiegazioni. Prendiamo ad esempio la fioritura dei bambù: le piante di una stessa specie di canna di bambù sono capaci di fiorire imprevedibilmente e simultaneamente, anche dopo decenni dall’ultima fioritura, ovunque siano nel mondo; ciò accade anche se le piante hanno un diverso DNA.
Molte altre esperienze, come quelle in cui qualcuno possa “percepire” a distanza la sofferenza di una persona che ama, che qualcuno possa sviluppare una malattia per effetto di conflitti emotivi o esperienza traumatiche vissute nel passato o che qualcuno possa vivere coincidenze “imprevedibili” e “incredibili”, e altre che vedremo, vengono comunque ritenute fenomeni casuali. Il tradizionale metodo scientifico di indagine della realtà ha portato l’uomo ad escludere che possano avvenire fenomeni che non siano il solo semplice effetto delle leggi causali in cui ha scelto di credere; ogni fenomeno che non è razionalmente spiegabile da leggi causali viene considerato “casuale” o frutto di autosuggestione, di fantasie, trucchi o mistificazioni.
I modelli comunemente accettati della realtà non prevedono spiegazioni per ciò che non può essere ripetibile e quindi prevedibile forse perché non sanno spiegare come possano avvenire. Quando non si conoscono o non si crede a quelle che possono essere considerate le cause di un fenomeno, si continua a credere nella “fatalità”, nel caso.”

Segue ora un’altra storia, al contempo bella e triste. La cosa bella è data da quanto un singolo uomo, peraltro sconosciuto ai più, abbia contribuito alla medicina; la cosa brutta è data da ciò che ha passato in relazione all’ottusità imperante negli ambienti umani che si basano solo sui sensi.
“Fino al XIX secolo, il fatto che le malattie potessero essere trasmesse e causate da microrganismi come batteri o virus, tanto piccoli da essere invisibili, appariva una cosa inaccettabile o incredibile. Il Dott. Semmelweis (1818-1865) aveva avanzato questa ipotesi quando era primario all’Ospedale Generale di Vienna partendo esclusivamente dalle sue intuizioni e senza alcuna prova sperimentale. Allora, i medici non ritenevano necessario lavarsi le mani prima di visitare i pazienti, nemmeno dopo aver sezionato cadaveri. Il Dott. Semmelweis introdusse nel reparto d’ospedale che dirigeva l’obbligo sia di lavarsi accuratamente le mani con una soluzione disinfettante da lui ideata a base di cloruro di calcio, sia di cambiarsi i camici, spesso sporchi di pus e sangue, prima di qualsiasi contatto con altri pazienti. Secondo Semmelweis un accurato lavaggio con quella soluzione avrebbe eliminato quelle che lui chiamò “particelle cadaveriche”, così piccole da non poter essere viste.
Questa sua iniziativa ebbe due effetti principali: quello di ridurre drasticamente il numero dei decessi nel suo reparto, e quello di cominciare ad essere prima deriso dalla classe medica, poi emarginato e quindi licenziato ed espulso dall’ospedale e dall’università di Budapest.
È difficile negare che l’uomo sia spontaneamente portato a credere che sia reale solo ciò di cui si può avere un’esperienza sensoriale diretta o strumentale. L’uomo è portato ad accettare solo ciò che appartiene alla sua esperienza sensoriale: questo costituisce un limite che gli impedisce di comprendere la natura della realtà in cui vive.”

Segue ora una breve citazione di Exotropia in cui si spiega in cosa consiste la famosa “interpretazione di Copenaghen”: si tratta di un principio di grande importanza concettuale ed esistenziale.
“La maggioranza dei membri della comunità scientifica aderisce alla cosiddetta “interpretazione di Copenaghen” della fisica moderna, secondo la quale, a livello atomico, non esiste semplicemente alcun mondo “reale” fino a quando non viene compiuta una misurazione o un’osservazione.
Prima che ciò avvenga, c’è soltanto una gamma infinita di possibili eventi che possono o no realizzarsi, ed ogni evento successivo ha a sua volta infinite possibilità coesistenti di realizzarsi fino a quando viene effettuata un’osservazione e l’evento viene così, grazie ad essa, “attualizzato”.
L’idea di una realtà esterna che può seguire il suo corso in modo del tutto indipendente da chi la osserva è stata superata da una concezione che fondamentalmente unisce non solo osservatore ed osservato, ma l’intera umanità in una realtà che esiste solo quando qualcuno la osserva, perché la osserva, perché dirige su di essa la sua attenzione.”

Concludiamo con un brano relativo a giudizio, punti di vista, giustezza e perfezione.
“Una persona può vivere un’esperienza emotivamente dolorosa come una separazione “fisica”, la fine di una relazione affettiva in cui può anche avere sofferto molto. Se giudica tale esperienza come fine a se stessa, il giudizio non può che essere negativo, ma se anche solo si avvicina alla possibilità di giudicarla in un contesto “globale” della sua vita e della vita della persona da cui si è “separato”, a volte, spesso con “il senno del poi”, quella separazione vissuta dolorosamente può rivelarsi la cosa più “giusta”, “positiva”, “evoluta” che potesse accadere, a lei e all’altra.
Ogni giudizio, quando è riferito a un fenomeno o ad un’esperienza di vita che si considera “isolato dal tutto” in cui è avvenuto, non può essere obiettivo. Forse anche per questo è difficile credere che la tendenza naturale di ogni cosa, dell’essere umano e dell’intero Universo sia la sua evoluzione.
Molti non credono ad un Dio solo perché associano a “lui” concetti di amore e carità e non si spiegano come allora possano esistere tante esperienze che giudicano ingiuste o dolorose. Giusto o sbagliato, utile o dannoso, bello o brutto, ordinato o disordinato, felice o infelice, più o meno evoluto sono solo giudizi mani che risentono dell’incapacità della mente umana di avere una percezione sensoriale, una visione unitaria del tutto. Una visione capace di rispecchiare e considerare il collegamento che esiste fra ogni cosa che esiste e l’influenza che ogni cosa può avere su ogni altra.
Ogni cambiamento è relazionato, ed in parte dipendente, da ogni altro cambiamento che avviene nell’universo nel rispetto di un unico grande fine a cui l’Universo tende: evolvere. Indipendentemente dalla capacità dell’uomo di comprendere anche solo che cosa significhi “evoluzione”.”

L’approfondimento con Exotropia di Fabio Marchesi è concluso.
Alla prossima occasione e buone cose a tutti.

Fosco Del Nero

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